Il Quality Score di Google AdWords

Il posizionamento di un annuncio rispetto agli annunci concorrenti viene determinato non solamente dall’entità dell’offerta massima che l’inserzionista ha scelto di condividere, come avviene in un tradizionale meccanismo di asta, quanto anche dalla presenza del poco conosciuto Quality Score, o punteggio di qualità.

Ma che cos’è il Quality Score? In che modo impatta nelle proprie politiche di marketing su Google AdWords?

Considerato che conoscere meglio questo genere di elemento può influenzare positivamente le proprie scelte di marketing pubblicitario, cerchiamo di saperne di più con il nostro odierno approfondimento!

Cos’è il Quality Score

Il Quality Score è da intendersi come il punteggio di qualità che viene attribuito ad ogni parola chiave (keyword) che viene acquistata dall’inserzionista.

Si tratta di un indicatore che viene calcolato – semplificando un po’ il tema! – sulla base del targeting scelto dall’inserzionista, e in relazione al canale che viene utilizzato per la pubblicazione degli annunci.

Al di là di tale tecnicismo, che andremmo a breve ad approfondire, è importante fin da questa fase ricordare che il Quality Score concorre a determinare l’offerta minima per ogni parola chiave: all’incremento del valore del Quality Score, infatti, corrisponde una flessione nell’importo da pagare per i propri annunci.

Formule per il calcolo del Quality Score

Sintetizzando ulteriormente il tema, possiamo anticipare come esistano almeno quattro diverse formule per poter calcolare il Quality Score. Naturalmente, stiamo parlando di una esemplificazione di conteggi ben più complessi: comprendere il funzionamento sarà tuttavia di sicura utilità per tutti coloro i quali desiderano saperne un po’ di più su quali meccanismi sono sottostanti il QS utilizzato in Google AdWords, al fine di orientare al meglio i propri comportamenti nella campagna.

Il primo meccanismo di calcolo è relativo all’offerta minima per la parola chiave. Tale valore viene generalmente determinato dal CTR della parola chiave presente sul motore di ricerca Google, dal CTR delle keyword o degli annunci dell’account, dal CTR storico dell’URL di visualizzazione dell’annuncio, e ancora dall’attinenza della keyword con le parole chiave che sono presenti nel gruppo di annunci, e infine dalla qualità della landing page.

Contrariamente a quanto alcuni sono portati a sottovalutare, dunque, il valore può essere ben influenzato dalla qualità della landing page, ovvero dalla pagina di destinazione su cui l’utente che ha cliccato approda, “veicolato” dall’annuncio pubblicitario.

Bene pertanto, ancor prima di avviare la propria campagna di marketing, è concentrare grande attenzione sulla landing page e, in particolar modo, sulla sua ottimizzazione attraverso il giusto design, gli opportuni contenuti informativi e un’occhiata particolarmente attenta sul fronte SEO, unitamente alla persuasività dei testi e all’eliminazione di ogni distrazione che potrebbe poi rendere più difficile ottenere successive conversioni.

Naturalmente, come più volte abbiamo avuto modo di condividere su queste pagine, per potersi rendere conto di aver fatto o meno un buon lavoro può essere utile ricorrere a split test o A/B testing, in maniera tale da poter stabilire con un ragionevole grado di sicurezza quale versione tra le varie landing page sia la più performante tra quelle a disposizione.

Un secondo processo di calcolo è quello relativo alla posizione dell’annuncio con targeting per keyword all’interno della rete di ricerca.

A sua volta, tale valore è calcolato sulla base del CTR storico dello stesso annuncio, oltre che sulla base dell’URL di visualizzazione dell’annuncio, della presenza della keyword all’interno del motore di ricerca, delle parole chiave e degli annunci dell’account e, ulteriormente, dell’attinenza della parola chiave e dell’annuncio rispetto alla query che viene ricercata dall’utente.

Un terzo processo è poi quello della posizione dell’annuncio con targeting per parole chiave nella rete dei contenuti. In tale ipotesi il valore è determinato dal CTR dell’annuncio sui siti che lo pubblicano, dall’attinenza delle keyword del gruppo di annunci e degli annunci rispetto al sito che li ospita, e dalla qualità della landing page.

Ultimo processo è quello dell’idoneità degli annunci con targeting per posizionamento. In tale ipotesi il valore sarà determinato dalla qualità della landing page e dal CTR storico dell’annuncio sul sito se il modello è CPC, o dalla sola qualità della landing page se invece il modello è CPM.

Modalità di pagamento

Considerato che nell’ultimo paragrafo abbiamo introdotto i concetti di CPC e CPM, giova cercare di introdurre pur brevemente quali sono le modalità di pagamento che Google AdWords offre ai propri inserzionisti.

Il primo metodo di pagamento è il CPA (costo per azione), che sopra non abbiamo cercato di accennare, poiché non inerente il focus del nostro approfondimento odierno. Giova comunque cercare di ricordare come il CPA – costo per azione sia una modalità di pagamento tale per cui l’inserzionista verserà un importo solamente nel caso in cui i navigatori riescono a compiere un’azione prestabilita.

Quale sia questa azione prestabilita dipende evidentemente dagli accordi con la piattaforma. Potrebbe ad esempio trattarsi dell’acquisto di un prodotto, oppure della compilazione di un form per l’iscrizione a una newsletter, e così via.

Il secondo metodo  di pagamento è il CPC (costo per clic), in cui l’inserzionista paga un importo per ogni clic effettuato sull’annuncio pubblicitario, indipendentemente da quanto poi accadrà. Infine, c’è il CPM (costo per mille), in cui l’inserzionista paga un prezzo ogni mille visualizzazioni dell’annuncio pubblicitario, indipendentemente dai clic ricevuti.

Come puoi ben immaginare se hai già una discreta esperienza con il funzionamento di Google AdWords, la logica che sostiene questa piattaforma è quella dell’asta. Pertanto, esemplificando un po’ l’argomento, l’inserzionista dovrà stabilire un importo massimo che è disposto a pagare per poter vedere pubblicati i propri annunci.

A quel punto, sarà Google AdWords a scegliere cosa pubblicare, e da parte di chi. E lo farà andando a comprendere quali sono le offerte massime degli inserzionisti, e a calcolare gli importi che gli stessi dovranno pagare per poter far comparire il proprio annuncio. Insomma, sulla base degli inserzionisti presenti e delle loro scelte in termini di applicazione di budget, Google AdWords effettuerà le scelte conseguenti.

Detto ciò, starà alla bravura dell’inserzionista, e alla sua capacità di monitorare nel tempo quel che succede con i propri annunci, valutare quali sono gli ads che funzionano meglio e quelli che invece hanno le peggiori performance. Intuibilmente, lo scopo sarà quello di capire quali sono gli annunci che “funzionano meglio” e quali invece quelli le cui prestazioni sono piuttosto deludenti, sfruttando i primi e scartando i secondi. In linea di massima, bene rammentare che ogni prodotto / servizio che si intende vendere e promuovere online dovrebbe avere una campagna dedicata, e che ogni campagna dedicata dovrebbe essere attentamente testata prima di investire troppe quote del budget!

Come funziona l’asta di AdWords

A questo punto, cerchiamo di entrare nel dettaglio del meccanismo di AdWords capendo in che modo funziona l’asta. In realtà, l’algoritmo alla base è abbastanza complesso, e determina se l’annuncio sarà effettivamente oggetto di pubblicazione, e in quale posizione sulla pagina.

Come abbiamo avuto modo di rammentare qualche riga fa, quando abbiamo parlato in maniera diffusa della quality, per poter fornire un servizio di maggiore qualità ai propri utenti (cioè, a quelli che effettuano la specifica ricerca), l’asta viene collegata ad alcuni processi di analisi, quali la performance degli annunci, la loro struttura, la qualità della landing page: finalità ultima è permettere agli annunci di poter essere sempre pertinenti con la ricerca degli utenti e, dunque, costituire un coerente servizio di ricerca informativa.

Non è certamente una casualità – a questo punto – che nella definizione del ranking degli annunci ci sono due elementi principali che sono in grado di influenzare le scelte sulla piattaforma: da una parte c’è il costo per clic massimo che l’inserzionista è disposto ad offrire, e dall’altra parte c’è il punteggio di qualità, del quale abbiamo parlato, e che ha come obiettivo permettere che annunci di qualità più elevata possano condurre a prezzi più bassi e a posizioni migliori di apparizione sulla pagina di ricerca.

Si tenga conto che i singoli elementi del punteggio di qualità, come la percentuale di clic che viene stimata, o la pertinenza degli annunci, sono aggiornati ogni volta che la parola chiave corrisponde a una ricerca che viene effettuata da un utente sul motore Google, e più le landing page vengono ritenute pertinenti per lo stesso utente, più è anche probabile che i punteggi di qualità siano maggiori.

Dunque, schematizzando in che modo funziona l’asta di Google AdWords, possiamo riassumere che:

  • nel momento in cui l’utente effettua una ricerca su Google, AdWords si attiva per poter individuare tutti gli annunci le cui parole chiave corrispondono alla ricerca effettuata;
  • tra i vari annunci individuati, il sistema di AdWords effettua una prima operazione di scrematura nella quale elimina gli annunci che non sono ritenuti idonei;
  • degli annunci rimanenti, AdWords procede alla pubblicazione solamente di quelli che hanno un ranking dell’annuncio ritenuto sufficientemente alto per i propri fini.

Non solo una questione di soldi

Insomma, da quanto abbiamo avuto modo di riassumere nelle scorse righe, non sempre il meccanismo d’asta va a premiare il prezzo più alto. Di contro, costruendo attentamente delle campagne altamente targetizzate, e pertinenti con quello che viene offerto dall’utente, anche con investimenti giornalieri contenuti è possibile ottenere buoni risultati.

Di fatti, anche se non si tratta di elemento sufficientemente noto a chi si sta avvicinando per la prima volta a questo comparto, è bene sottolineare come anche nel caso in cui la concorrenza formula delle offerte più elevate, è comunque possibile cercare di conseguire una posizione migliore, a prezzo inferiore dei competitors, mediante l’uso di parole chiave e annunci maggiormente pertinenti.

È inoltre bene notare che, considerato che il meccanismo di applicazione delle aste viene ripetuto continuamente e costantemente, per ogni ricerca effettuata su Google, ogni asta può avere risultati potenzialmente diversi da quella precedente e da quella successiva, in virtù della concorrenza che è in atto in quel determinato momento.

Facciamo un esempio!

Introdotto quanto sopra, possiamo cercare di fare un esempio concreto. Ora, fermo restando che – come dovresti aver pienamente compreso – lo scopo dell’asta in AdWords è quello di attribuire le posizioni degli annunci, la formula con cui Google calcola l’ad rank è dato da CPC MAX x PQ, dove CPC MAX è, intuibilmente, il costo per clic massimo che l’inserzionista è disposto a spendere, e PQ è il punteggio di qualità, con valore da 1 a 10 a seconda di ciò che abbiamo descritto negli scorsi paragrafi.

Una volta che AdWords ha calcolato correttamente tutti gli ad rank degli annunci che partecipano al proprio meccanismo di asta, la piattaforma procederà a stilare la propria classifica, ponendo in testa – evidentemente – l’annuncio che ha l’ad rank più elevato, e via via tutti gli altri.

Da quanto sopra risulta ancora più chiaro che non è sufficiente offrire un CPC massimo per essere nelle posizioni più alte, se di contro non lavoriamo sufficientemente sul punteggio di qualità. Il rischio (ma – di contro – il vantaggio!) è dunque che un altro inserzionista con CPC minore possa però avere un ad rank maggiore grazie a un PQ più “apprezzabile”.

Chiarito ciò, una volta che Google ha compreso in che posizione ordinare gli annunci per la loro apparizione sui siti, procede al conteggio del costo per clic che l’inserzionista andrà a pagare nel momento in cui – appunto – l’utente cliccherà su quel determinato annuncio.

Ebbene, qui arrivano i “problemi” di interpretazione. Poiché, per intenderci, può ben capitare che in prima posizione nell’ad rank ci sia un inserzionista che ha offerto un CPC massimo di 0,75 euro ma, in virtù di un ad rank superiore al secondo inserzionista per ordine, pagherà di meno di quest’ultimo, che magari ha offerto 0,80 euro di CPC massimo, ma ha un ad rank inferiore a causa di un punteggio di qualità più deludente.

Per quanto intuibile, il meccanismo che sopra abbiamo avuto modo di riepilogare è semplificato a beneficio dei neofiti del tema. In realtà le cose sono un po’ più complicate ma, ai nostri fini, è comunque sufficiente ricordare quanto sopra per evitare di cadere in facili errori nel momento in cui si struttura una nuova campagna AdWords con la convinzione che sia sufficiente innalzare il CPC per potersi aggiudicare migliori posizionamenti nell’ad rank.

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